(2025)
Secondo full-length per questa band di Dublino. Il sound sin dalle prime note di "The Day I Died" è sconquassante, terrificante, un monolite di metalcore misto a death metal che non potrà non colpire in pieno volto l'ascoltatore. Parti veloci iniziali si trasformano poi in un qualcosa di più groovy ed insidioso, con arperggi di chitarra sinistri e le voci di Marco Feltrin che si esprimono in tutti gli stili del canto estremo. scream, growl, harsh vocals. Un impatto col primo brano che certamente non lascia indifferenti.
Con la seconda traccia, "In Fear We Trust", la band sembra abbracciare maggiormente stili come il melodic death metal e, volendo, qualche vago retaggio black metal. Buoni gli stacchi pesantissimi in cui la batteria di Marco Batata tira colpi feroci, mentre le chitarre imbastiscono sempre un muro sonoro spesso come il granito, ma che all'occorrenza cambia quasi repentinamente e ci offre qualcoa di più melodico. I mestri di questo tipo di sound sono un po' tirati tutti i ballo. Si passa dagli "antichi" In Flames o Dark Tranquillity come base diciamo, fino ai più recenti Whitechapel, All Shall Perish e Devildriver (quelli di una ventina di anni fa).
Tutte queste band vengono in un certo senso citate in questo album, ma non si ha la brutta sensazione che i The Risen Dread stiano copiando qualcosa senza aggiungervi nulla, anzi. Un pezzo come "Circle of the Damned" dimostra come la vena compositiva di questa band sia quanto mai viva e goda di luce propria. In questo brano si hanno impalcature che fanno crollare i muri, ma anche belle aperture melodiche dei refrain. Un pezzo da annotarsi ma che non costituisce fortunatamente l'unica traccia stupefacente del lotto. Sono le esplosioni di rabbia sul finale di questo pezzo a lasciare basiti, ma questo succede anche in altre parti dell'album, così come le atmosfere oscure piene di accordi stranianti di chitarra che compaiono un po' in tutto il disco. Un album, questo, che molti potrebbero bollare come derivativo, ma solo se lo ascolteranno distrattamente. Sentite ad esempio i canti arabeggianti che poggiano su una struttura groove metal di un pezzo come "Azadi" e capirete che la band spesso esce dalla propria comfort zone. Successivamente proprio questo brano si dipanerà in un death metal abbastanza canonico ma molto efficace.
L'unica cosa che possiamo dirvi è che se non amate i suoni moderni, le produzioni iper sature e un approccio al passo coi tempi, forse potreste non amare questo album. Cosa diversa se invece amate tutte queste cose: potreste trovare in questo "Death From Above" un disco davvero valido e potreste addirittura consumarlo, dato il suo alto tasso di violenza inferta senza pietà alcuna. Altro pezzo imperdibile? Indubbiamente "Burn My Angel", dove la band si cimenta forse nel pezzo più classicamente death metal del lotto, quello americano per intenderci. Il tutto assume con questo brano alti livelli di crudeltà e i riff di chitarra sono davvero belli. Disco da ascoltare per bene, questo è indubbio, ma è da avere, insomma.
By Redazione
Tracklist:
1. The Day I Died
2. In Fear We Trust
3. Endgame Symphony
4. Circle of the Damned
5. Azadi (feat. Mustafa Dala)
6. Death From Above feat. Renato Zanuto
7. Burn My Angels
8. A Conversation With God
9. Slay
10. Beyond My Final Breath
Line-up:
William Ribeiro - Guitars
Marco Feltrin - Vocals
Mat Maher - Bass
Marcos Batata - Drums
Links:
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