Intervista ai LUNARSEA


Fermi discograficamente ormai da cinque anni, ovvero dalla pubblicazione nel 2019 dell'ottimo "Earthling/Terrestre", i Lunarsea continuano però a rappresentare una delle migliori realtà italiane in ambito melodic death metal. Abbiamo fatto il punto della situazione con Fabiano Romagnoli, chitarrista e tastierista della band.

01. Ciao Fabiano e benvenuto su Crepe Sonore. Presenta i Lunarsea ai nostri lettori.
Ciao! Siamo i Lunarsea, band melodic death metal proveniente da Roma. On the road dal 2003, anno in cui venne alla luce il nostro primo EP. Nel corso della carriera abbiamo “partorito” sei uscite discografiche, 2 EP e quattro full length. Nel 2025 è prevista la pubblicazione del nostro quinto album.

02. Cosa significa esattamente il monicker della band?
Siamo stati sempre appassionati del mondo “spaziale”, in particolare delle missioni Mercury, Gemini ed Apollo. Il monicker Lunarsea era un nickname di un mio caro amico di infanzia che all’epoca lavorava per una grande catena di distribuzione musicale nella capitale e che aveva sempre le ultime uscite discografiche gratis in anteprima da ascoltare. Passavamo giornate ad ascoltare cd, scambiarci opinioni, parlare dello spazio e fantasticare. Sentendo per la prima volta quel nickname, pensai che sarebbe stato perfetto da usare per una band musicale.

03. "Earthling/Terrestre" è un prodotto che colpisce anche per un'ottima produzione, ne vogliamo parlare?
Sì! La produzione di Earthling/Terrestre è stata la più meticolosa, accurata mai fatta dalla band. Partendo dalla fase di pre-produzione, per finire nella fase di registrazione, mixing e mastering. Sono del parere che un disco sia il biglietto da visita per una band e che vada realizzato al massimo delle proprie possibilità economiche. E’ un prodotto che rimarrà nel tempo, indelebile e lottiamo per non avere rimpianti una volta chiuso il processo. Abbiamo speso molto per la sua realizzazione, ma l investimento è stato recuperato oltre ogni più rosea aspettativa. Ci siamo affidati agli Outer Sound Studios di Giuseppe Orlando per le registrazioni e mixing, mentre il mastering è stato fatto ai Finnvox Studios, dopo aver anche provato i Fascination Street Studios. Tre giganti del settore, che ti permettono di dare una marcia in più al prodotto e con cui collaboriamo ormai da anni, quindi entrambi conoscono il nostro modus operandi e come debba “suonare” il tutto. Ovviamente c’è sempre quel passaggio, quel riff, quella sonorità che vorresti cambiare, limare, suonare in maniera diversa, anche dopo un meticoloso lavoro. Definisco le registrazioni di un disco, al pari di un fotografo che scatta una foto. Arriva il momento in cui devi scattare la foto e se effettui lo scatto il giorno dopo, avrai una esposizione di luce diversa, una posa diversa. Così per le registrazioni. Più le ascolti e più tempo hai a disposizione ,e più vorresti modificare qualcosa. La perfezione non esiste, ma la ricerca di essa si. Poi non è detto che più tempo passi e più il prodotto venga migliore. Arriva semplicemente un momento in cui devi dire basta, stop, chiudere il tutto. Altrimenti non se ne esce più. Questo almeno è ciò che provo io durante la fase compositiva e di registrazione. La musica è viva, è liquida, in costante mutazione ed evoluzione. Ma per sanità mentale, devi comunque fare il mixdown ad un certo punto.

04. Parliamo dei testi di questo album.
Ambientazioni Sci-Fi, entropiche, futuristiche. I Lunarsea non sono mai stati una band da playlist alla “spotify”, da un ascolto rapido. Ci definiamo una band che bisogna ascoltare e non sentire. Ogni composizione è un piccolo mondo, un viaggio interiore in cui musica e testi si fondono all’ unisono.


05. Molti vi definiscono melodic death metal, ma per voi è corretto? E voi come vi definireste?
Le etichette servono per trovare il tuo spazio negli scaffali dei negozi, o nelle playlist online. Ci definiamo Melodic Death Metal al 100%. Le fondamenta sono quelle, poi ci sono le sfaccettature, ma trovo spocchioso andare a cercare una classificazione diversa solo per sentirsi diversi e originali a tutti i costi. All’inizio ci piaceva questo giochino del definirci post melodic, post death, melodic death metal 2.0, avantgarde melodic death metal etc, ma con il tempo abbiamo capito che non siamo ne migliori ne peggiori di tanti altre band e non aveva senso autodefinirci precursori di un nuovo sottogenere.
Non siamo noi a doverci classificare. Siamo soltanto una band MDM che prova a fare della buona musica per chi ne usufruira’.

05. I live show sono molto importanti per voi? State suonando dal vivo in questo momento?
"Earthling/Terrestre" ha permesso alla band di aprire delle porte che nessuno si sarebbe mai aspettato.
E’ stato il disco che ha segnato un punto di svolta nella percezione degli addetti del settore verso la band. Il disco che sognavamo di fare prima o poi in carriera. Nonostante abbiamo perso 2 anni di promozione a causa del lockdown e della chiusura delle attività live, ci siamo concentrati nella ricerca della perfezione in ambito live. Non potevamo fare nulla, se non provare in studio, visto che non si potevano fare live. Questo, a ripresa delle attività, e grazie alla qualità di "Earthling...", ci ha permesso di fare il salto di qualità. Oltre all'aspetto puramente musicale, ci siamo concentrati anche nell offrire al pubblico una performance visiva. Ci divertiamo on stage, sappiamo cosa fare e quando farlo, stiamo vivendo i golden years della band. Sappiamo che non dureranno in eterno, e cerchiamo di goderci ogni singolo istante insieme. Ciò che stiamo vivendo oggi, entrerà di diritto nel cassetto dei migliori ricordi delle nostre vite. Siamo tornati da poco da Creta, dove abbiamo condiviso il palco con Blind Guardian ed Exodus. E’ stata una esperienza pazzesca. Io in primis non mi aspettavo un responso così caloroso. Pensavo che sarebbe stata un ottima data, una data per fare curriculum ed essere presenti come nome in palchi importanti. Ma sai, suonare alle 19 di pomeriggio, a Creta, in piena alta stagione, con 40 gradi, vicino al mare, pensavo non ci sarebbe stata molta affluenza. Invece ci siamo ritrovati con centinaia di persone, molte delle quali ci conoscevano, che hanno fatto casino e si sono divertiti tutto il tempo. Quando inizi a suonare, alzi lo sguardo e vedi le prime teste del pubblico muoversi, battere il tempo, iniziare a scaldarsi, e’ il momento in cui cominci a gasarti ed esclami “Attenzione, sta’ per accadere”. E quando finisci di suonare e ti ritrovi Gary Holt degli Exodus dirti “great show guys” quando poteva semplicemente non dire niente, o pensarlo ma fregarsene e vedere Hansi dei Blind Guardian dal balcone dell’hotel che guarda la tua esibizione, beh, li hai l’adrenalina a mille. Ci imbarcheremo in un tour a novembre in Asia, un altro mondo inesplorato per noi in cui si sono aperte le porte. A breve la locandina e le date.

06. Dividereste almeno una volta il palco con chi?
Potrò sembrare spocchioso, ma il mio sogno e’ condividere non il palco, nel senso, non mi basta fare da apertura ad un gruppo a tripla A alle 3 del pomeriggio in un festival solo per dire “ho condiviso il palco con i pinco pallino”. Vorrei fare un tour di supporto diretto alle band di riferimento della scena. Nei festival, gli headliner a volte neanche sanno chi ha aperto la giornata. A quei livelli, le band headliner si presentano nel backstage qualche minuto prima della loro esibizione. Per il resto del tempo se ne stanno in hotel. Abbiamo avuto la possibilità di partecipare all’ intero tour dei Soilwork lo scorso anno. Non come guest, ma come parte integrante. Solo che bisognava stare due mesi e mezzo in tour di continuo. Avessimo avuto 20 anni, senza famiglie, lavori, responsabilità, lo avremmo fatto ad occhi chiusi. Siamo contenti delle occasioni che ci stanno capitando, ma dobbiamo sempre fare una scelta accurata, anche in base alla disponibilità di tutti, tra permessi, ferie da chiedere e impegni familiari.

07. Parliamo del vostro usuale processo compositivo.
E’ un procedimento meccanico, con poco spazio per le emozioni, anzi, è un vero e proprio tour de force a livello emotivo. E’ una battaglia interiore con i propri demoni. Si parte da riff di chitarra, i quali hanno come unico accompagnamento una batteria campionata. E come da tradizione, quando un chitarrista si cimenta a programmare parti di batteria, non essendolo, escono fuori sempre batterie orrende che seguono le chitarre e non hanno la minima musicalità. Quindi se la chitarra ti fa’ un riff a 230 BPM, anche la cassa di batteria finisce per seguire a 230 BPM la chitarra, e per ogni accento o riff della chitarra, si ha questa batteria orrenda sotto che fa cose improbabili anche avendo a disposizione 6 mani.
Una volta gettate le fondamenta del palazzo, il materiale passa al batterista per la costruzione delle mura. Successivamente si passa alla stesura dei testi, alle partiture di tastiera, alla linea di basso e all’incisione degli overdub per creare l’interno del palazzo, arredarlo, farlo diventare un appartamento e renderlo gradevole. Ma rimane un processo molto impegnativo. Le nostre canzoni non seguono un pattern definito classico. Spesso iniziano in un modo, cambiano direzione durante il percorso e si ricongiungono alla fine alla strada da cui sono partite. Una delle sfide è proprio quella di cercare di rendere una canzone, per l’appunto, canzone, nonostante le numerose svisature all’ interno.

08. Ragazzi abbiamo finito. Concludete come volete!
Grazie per averci ospitato e per la passione che mettete nel supportare le band. Stay Lunar.


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