I Nefesh Core sono una dark/gothic rock band nata da un’idea di David Brown a Stefano “The Ghigas” Calvagno, rispettivamente già tastierista/growler e chitarrista della metal band Metatrone. Dopo oltre 10 anni di collaborazione, a inizio 2018, hanno deciso di dare vita a una nuova band che si ispirasse alla New Wave degli anni 80 pur mantenendo viva la radice più rock e metal di entrambi i musicisti, ma con la novità di proporsi al pubblico ricoprendo nuovi ruoli. Nei Nefesh Core infatti, David riveste il ruolo di lead singer, mentre Ghigas si è dedicato al basso. Raggiunti in poco tempo da Ivan Newton alla batteria, hanno iniziato a scrivere nuova musica e, nell’inverno del 2018 realizzano “Another break to life” primo singolo e primo videoclip ufficiale. Nel 2019 dopo quasi un anno di pre-produzione, con la temporanea aggiunta di Michele “Moki” Cavallaro in veste di session guitarist, la band entra in studio e affida le registrazioni e i mixaggi a Luigi Scuderi (Tower Hill Studio) ed il mastering a Jacob Hansen (Volbeat, Amaranthe, Pyramaze), dando vita così al primo album, “Getaway”, che viene pubblicato nel 2020 dall’etichetta torinese Rockshots Records. L’album, composto da 10 tracce, rappresenta la perfetta fusione tra il suono duro e cupo del dark/gothic metal e le atmosfere della New Wave anni 80, grazie ad un sapiente uso dell’elettronica, dei synth e delle tastiere, sempre a marchio di fabbrica della premiata ditta “David Brown - The Ghigas”. Tra il 2021 e il 2022, la band realizza e pubblica due singoli, la “gothic version” del brano di Francesco Renga intitolato “Dove il mondo non c’è più”, e un nuovo brano originale, dal titolo “Walls of Time”, che vede l’ingresso di Bob Brown come chitarrista in pianta stabile. Nell’autunno del 2023, la band si separa dal batterista Ivan Newton. Con ingresso di Andrea Marchese alla batteria, i Nefesh Core hanno iniziato a scrivere nuova musica e nel Febbraio 2024 realizzano e pubblicano il singolo “Lullaby”, versione rivisitata in pieno “Nefesh Core - style” dell’immortale brano dei The Cure, contenuto nell’album “Disintegration” del 1989.
01. Ciao ragazzi e benvenuti su Crepe Sonore. Presentatevi ai nostri lettori.
The Ghigas: Ciao e un benvenuto anche a te. Grazie per questo invito. Bene, hai qui di fronte i Nefesh Core, che nello specifico sono David Brown alla voce solista e alle tastiere, Bob Brown (no, non sono fratelli, ah ah) alla chitarra, Andrea Marchese alla batteria ed io, The Ghigas, al basso. Senza nessun intento di auto - esaltazione, posso affermare che siamo 4 “veterani” del rock e del metal ed abbiamo tutti qualche decennio di attività musicale alle spalle; senza dubbio qualche capello bianco qua e là, ma grazie a Dio manteniamo vivo ancora l’entusiasmo di quando, poco più che adolescenti, decidemmo di abbracciare la musica e farla diventare una amica ed una amante inseparabile. Tante storie, tante band e ciascuno col proprio cammino personale, fino a che oggi ci ritroviamo insieme per questa realtà della quale parleremo insieme adesso.
David: Si, The Ghigas dice bene. Erano gli inizi degli anni 90 quando misi le mani sulla tastiera. Tra mille influenze, pop-rock (Toto in primis, ma anche Supertramp, e la New Wave di allora, certamente), attraverso la scoperta del metal, del thrash metal tecnico di Megadeth e Annihilator, le melodie e i virtuosismi neoclassici di Malmesteen, la brutalità del death “made in” Slayer e Sepultura e gli intrecci musicali dei Dream Theater dell’epoca “Kevin Moore”, mi sono quindi formato come musicista e compositore, tastierista nel senso vero del termine con al tempo stesso con una mentalità nettamente “chitarristica” e oggi, nei Nefesh Core anche in veste di lead singer e non soltanto di occasionale growler come faccio da tempo nei white power-prog metallers Metatrone, altra band nella quale, assieme a The Ghigas, sono co-fondatore e tastierista, dalla fine degli anni 90.
02. Cosa significa esattamente il monicker della vostra band?
The Ghigas: Nefesh Core è un monicker pressoché intraducibile, ma se volessimo rendere accessibile il suo significato più profondo potremmo tradurlo come “centro del centro dell’anima”. “Nefesh” proviene dall’antico ebraico e indica un punto preciso dell’essere umano, cioè la regione che sta all’altezza del giugolo, incontro tra il collo e la regione del cuore, lì dove sembra risiedere il centro dell’anima, e “Core” rafforza il concetto come a dire il “centro del centro”. David me ne parlò agli inizi, quando decidemmo di dare vita a questa nuova band, potendo contare sulla sua formazione culturale teologica. Ragionammo insieme sul senso profondo di quelle parole ed insieme trovammo che la definizione e i termini del monicker erano veramente efficaci ed indicativi dell’identità che avevano scelto. Ci aiutò ad identificarci con la parte più profonda dell’anima dell’uomo, che è prossima alla gola, la dove l’anima si esprime attraverso la parola, la voce e il canto, che in fin dei conti è quello che facciamo come artisti.
Bob: la scelta del monicker è sempre una momento di fondamentale importanza. Non so quante delle band storiche che tutti conosciamo, in tutti i generi musicali intendo, abbiamo ragionato e medicato la scelta del monicker, ma credo che in nessun caso sia stata una scelta improvvisata o banale. Si crea cioè sempre un legame profondo tra gli individui e il loro nomi, e così anche per le band. E’ uno “statement” permanente dell’identità del gruppo e come tale forma, direi quasi “plasma” tutto ciò che quella band esprime, con le immagini, le parole e la musica. Nel nostro caso specifico, l’identificazione tra i musicisti ed il nome/significato della band è fortissima.
03. "Lullaby" è il vostro nuovo singolo, un omaggio ai leggendari The Cure. Presentatecelo!
David: “Lullaby”, come tutti la conosciamo è un capolavoro e i The Cure sono una band seminale: questi sono concetti assolutamente inconfutabili, e non credo sia un fatto riconducibile solo al “gusto musicale”. Sono un manuale d’istruzione ed un testamento spirituale che ci ricorda cosa significhi musica elettronica, dark music, pop e arte visionaria, nel senso artistico e più bello del termine. Passando in rassegna alcuni brani, che ritenevamo affini al nostro essere dark rockers, ci siamo soffermati su Lullaby, soprattuto quando sul celebre movimento del basso, Bob ha improvvisato l’arpeggio acustico che trovate nella nostra versione e che ci ha tolto ogni dubbio sulla scelta stavamo per fare. Trovata poi la linea vocale più adatta, che ha reso “cantabile” la song, non abbiamo avuto dubbi sul portare avanti la produzione, mixare e pubblicare la versione “Nefesh Core” di questo immortale capolavoro. Un omaggio a Robert Smith, ai The Cure e a tutti il movimento New Wave. Siamo molto contenti di ciò che abbiamo realizzato. C’è molto Nefesh Core dentro, un viraggio verso sonorità più pesanti, metal-oriented, un dark metal scuro, melanconico e rabbioso allo stesso tempo.
Andrea: La realizzazione di questa che è al tempo stesso una rivisitazione ed una omaggio ad uno dei brani più iconici della New Wave di fine anni 80, è stato un momento bellissimo per me ed è coinciso con il mio ingresso nella band. Ed è stato pazzesco pensare di iniziare questo nuovo percorso artistico lavorando ad una canzone così famosa e che è simbolo di una intera generazione. Credo possiamo tutti essere d’accordo sia uno di quei brani che qualsiasi amante della musica contemporanea non può non conoscere! Ora, poter personalizzare e dare il mio contributo a uno dei brani che mi ha accompagnato, sin da piccolo, nella mia crescita come persona e come batterista, mi ha emozionato non poco. E’ una canzone che fa parte di noi, ci ricorda chi eravamo, da dove siamo partiti, è legata a ricordi, alle emozioni di noi giovani musicisti che guardavano i “grandi” e si immaginavano al loro fianco.
04. State per caso componendo nuova musica? Quando prevedete che uscirà il nuovo album?
The Ghigas: Lullaby apre le porte a questa nuova formazione della band, che vede appunto Andrea alla batteria, mentre Bob alla chitarra ci aveva già raggiunto 2 anni fa, e coincide in effetti con la scrittura di gran parte del materiale che andrà a comporre il nostro nuovo album. Molte delle canzoni che abbiamo scritto David ed io negli ultimi 3 anni, le stiamo riarrangiando, e ne stiamo scrivendo di nuove. Le idee sono tantissime e devo dire che per quello che abbiamo sentito, il secondo album sta acquistando una fisionomia sempre più definita: gli ingredienti musicali che hanno caratterizzato il nostro primo album, “Getaway” sono presenti e portati ad un nuovo livello, per certi versi più “dark” e più “metal”.
05. I live show sono molto importanti per voi? State suonando dal vivo in questo momento?
Bob: Suonare dal vivo è vitale per qualsiasi band. E’un’esigenza ed un dovere nei confronti di sé e dei propri fans. E’ una tappa inevitabile del percorso di ogni artista che si rispetti. Ed è allo stesso tempo inaccettabile che vi siano così pochi spazi dedicati alla musica dal vivo in Italia. Se poi ti guardi intorno e vedi che l’offerta musicale più ricercata dai “gestori” sono cover e tribute bands lo scenario si fa solo più deprimente. Ogni musicista ha un valore in sé, ma noi crediamo che la musica originale sia un valore che deve essere protetto e promosso oggi più che mai, e chi lo fa mostra certamente coraggio e rispetto per l’arte. A onor del vero c’è anche da dire che il mondo delle live performances sta attraversando una profonda crisi, legata all’aumento spropositato dei costi di programmazione e realizzazione dei tours, un fenomeno che sta rendendo la vita difficile anche ai grossi nomi, siano essi artisti, promoters e/o venues.
David: Impossibile non suonare dal vivo. E’ qualcosa che va oltre il mero “lavoro”. Ogni artista deve essere valorizzato non soltanto nella possibilità di esistere ma anche sul piano economico gli va riconosciuto ciò che è giusto. Davvero faccio fatica a capire e ad accettare come venga poco valorizzata la musica dal vivo! Io credo sia un vero e proprio termometro dell’attenzione culturale che la gente riserva all’arte. E’ la cartina di tornasole dell’umore di una intera popolazione. L’Italia fatica molto da questo punto di vista e chi produce e promuove musica rock sa di cosa parlo. Ma siamo teste dure e di certo non ci arrendiamo a questo status quo. Lavoriamo per cambiarlo. Stiamo provando duramente la preparazione della setlist, tra la scrittura di un nuovo brano e l’altro, contando di iniziare a “mostrare i muscoli” molto presto, potendo contare non solo sulle nostre forze ma anche sul gioco di squadra con la nostra etichetta e la nostra agenzia di promozione che stanno facendo davvero un gran lavoro.
06. Dividereste almeno una volta il palco con chi?
Andrea: Beh è complicato perché mi vengono intente tanti nomi e molti non ruotano neanche nel mondo del rock. Come si fa a rispondere… Sulla base di certe affinità stilistiche vedrei bene un live di Nefesh Core assieme ai Rammstein o ai Moonspell.
The Ghigas: Perché dividere il palco con gli Alice in Chains? Sarebbe fantastico… vedi le band che fanno parte del nostro background non sono legate al dark o al gothic in senso stretto. Molti tuoi colleghi ci hanno paragonato ai Sentenced e ai Paradise Lost, richiamando a vario titolo influenze di queste due super bands nel nostro sound. La verità è che nessuna di queste bands ha fatto realmente parte dei nostri ascolti abituali. Siamo cresciuti con il metal e il rock degli anni 90, io e Bob (ancora più di me) siamo legati al grunge di Soundgarden e Alice in Chains, due bands che sono pilastri di una intera generazione di rockers e metallers. David come ha già detto viene da tutt’altra estrazione musicale. Andrea ha una formazione sicuramente più legata al pop e al rock melodico e all’AOR. Ora, al netto di tutte le possibili influenze musicali presenti in ognuno di noi, il nostro sound e le nostre canzoni sono originalmente nostre, hanno un marchio Nefesh Core ben preciso. Non andiamo mai a imitare direttamente qualcuno. Quindi in fin dei conti possiamo condividere il palco con qualsiasi artista, purché faccia buona musica!
07. Parliamo del vostro usuale processo compositivo.
David; Nell’alchimia della genesi di una nuova composizione, per quanto ci sia poco da poter spiegare razionalmente, di solito sono io che porto una idea. In genere un buon punto di partenza è la melodia di un ritornello, un riff di chitarra o un giro di basso. Iniziamo a lavorarci in studio con Ghigas, e se la formula è giusta si va insieme in studio a affinare le parti, a completare gli arrangiamenti e vedere se funziona dal vivo. Come dicevo, l’arpeggio di Bob ha reso possibile la nascita della nostra versione di Lullaby. Il contributo di tutti resta fondamentale. Per quanto non esista una vera e propria regola generale, credo di poter affermare che a garanzia di un buon brano c’è sempre un buon ritornello, cosa cui noi teniamo particolarmente. Nell’equilibrio delle parti, tra sensazione, emozioni e regole di arrangiamento/composizione, mi sento custode di un dono, che grazie al lavoro di tutti prende vita, sotto forma di canzone.
The Ghigas: In quest’epoca di minimizzazione dei rapporti interpersonali, di isolamento e di frammentazione delle relazioni, noi ci sforziamo di mantenere alto il valore della condivisione. Stare insieme a provare in sala è un vero toccasana per il corpo e la mente. Ci mantiene vivi! Ci regala divertimento e ci ripaga degli sforzi messi in campo. E’ una iniezione di fiducia! E ci ha anche dato la possibilità di riscoprire il valore inestimabile del mondo analogico che è stato fonte di grande soddisfazione, soprattuto nella produzione, nelle registrazioni e nei mixaggi. L’idea stessa della “irripetibilità” di una esecuzione o di un suono o di un mix, ci hanno spinto ad una maggiore attenzione ai dettagli ed ad un maggior impegno, dovendo fare i conti anche con il tempo e con il concetto di “qui e ora”.
08. Ragazzi abbiamo finito. Concludete come volete!
David: Beh, a nome mio e di tutta la band, ti ringrazio davvero per questa bella chiacchierata e per averci dedicato spazio. Ringraziamo anche tutti i lettori di questa webzine e quanti leggeranno questa intervista, per scoprire chi siano i Nefesh Core. Seguiteci quindi sulle pagine dei nostri social media, e supportateci ascoltandoci sulle piattaforme di streaming. Noi vi aspettiamo sotto al palco pronti a dividere con voi la parte migliore di noi, la nostra eredità spirituale, cioè la nostra musica. Stay dark!
Bob, The Ghigas, Andrea: Grazie! Rock on!
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